Rallenta l’esodo dei rohingya, anche se decine di migliaia di persone della minoranza musulmana perseguitata in Myanmar sono ancora in attesa di fuggire. Sono 33mila i rifugiati a Cox’s Bazar, nel sud del Bangladesh, dove fin dal 1992 l’Agenzia ONU per i Rifugiati sostiene il governo nella gestione di due campi ufficiali. Circa il 60% dei profughi sono bambini, dice l’Unicef, in molti soffrono di malnutrizione.
“Non posso curare mio figlio in nessun modo, per questo le sue condizioni peggiorano di giorno in giorno”, è il racconto drammatico di una madre.
Dal 25 agosto sono arrivati in Bangladesh più di 410mila rifugiati rohingya. L’Unicef ha lanciato anche una campagna di immunizzazione per proteggere la popolazione da un possibile focolaio di morbillo, una malattia molto contagiosa e pericolosa specialmente per i bambini già deboli e malnutriti.
“Quanto più velocemente saremo in grado di portare nuovi rifornimenti, coordinandoci sia il governo del Bangladesh sia con le ong nazionali, tanto più saremo in grado di fornire i servizi necessari ai bambini che ne hanno bisogno”, spiega Jean-Jacques Simon, capo della comunicazione dell’Unicef in Bangladesh.
L’ultimo esodo di rohingya è iniziato il 25 agosto scorso. I militari birmani sono responsabili di crimini contro l’umanità contro la minoranza musulmana, ha denunciato la ONG Human Rights Watch (HRW) che accusa i soldati di aver commesso deportazioni forzate, persecuzioni, omicidi e stupri. Le autorità del Myanmar si difendono dicendo che non ci sono le prove e accusano dai militanti musulmani Rohingya di essere gli autori del massacro di 45 indù i cui cadaveri sono stati trovati in tre fosse comuni nello stato del Rakhine, nel sud-ovest del Myanmar.