I primi civili che rientrano nella città Mosul liberata dall’Isil trovano spesso solo macerie e cadaveri. Nel centro storico non resta quasi più nulla della moschea al-Nuri, dove Abu Bakr al-Baghdadi proclamò la nascita del cosiddetto califfato nel 2014.
Non lontano, Karam, rientrato a casa, così come altre 250mila persone nella Provincia di Ninive, paga un demolitore per far cancellare quel che resta della propria abitazione. Sarebbero oltre 40.000 i civili morti a Mosul durante l’assedio della città.
“Hai mai visto qualcuno vivere in una casa come questa? – chiede Jaram al giornalista chhe lo intervista – Nessuno potrebbe, ci sono dei cadaveri lì dentro e l’odore è terribile, il governo dovrebbe almeno venire a ripulire tutto questo”.
Giorni dopo la liberazione, continuano ad essere trovati bambini in stato di shock. Alcuni hanno perso le loro famiglie mentre fuggivano per salvarsi, molti altri sono stati costretti a combattere e a compiere atti di violenza estrema.
“Sono stato colpito dal proiettile di una mitragliatrice – racconta il piccolo Ghalid Khalaf – Voglio combattere, voglio partecipare alla guerra”.
Occorrono almeno 60 milioni di euro per ricostruire le infrastrutture di base della città, ma l’emergenza ora è rappresentata dagli orfani di guerra, molti tra loro considerano normale la vita sotto l’Isil.