Milano, 5 dic. (askanews) - "Purtroppo, oggi la Calabria si trova in posizione di coda in tutti gli screening obbligatori, quelli organizzati sia per la mammella sia per il tumore della cervice uterina, sia per quello del carcinoma del colon-retto. Come se ci fosse un po' una diffidenza da parte delle persone a rispondere alla lettera che regolarmente viene mandata dalle Asl per effettuare il test del sangue occulto delle feci e poi, se positivi, la colonscopia. Questo purtroppo crea un aumento della morbilità e della mortalità che è documentato oggettivamente dal fatto che il numero di tumori non identificati e di lesioni avanzate, cosiddetti adenomi avanzati, che poi possono svilupparsi in tumore, è molto elevato in questa regione e ne vengono identificati meno del 5% rispetto a quelli potenzialmente identificabili con lo screening. L'altro dato che un po' rappresenta la prova del nove è che in tutte le regioni italiane c'è stata una riduzione per la mortalità del carcinoma del colon-retto, dal 2005 al 2021 mediamente intorno al 25% con punte del 45%, mentre in Calabria si mantiene stabile". Lo ha detto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, a margine dell'evento al Teatro Comunale di Catanzaro 'Prevenzione del cancro del colon-retto in Calabria: uniti per la salute di tutti'."Ciò significa che nonostante i progressi delle tecnologie, della chirurgia e i nuovi farmaci, di fatto non facendo gli screening e la prevenzione, le persone non muoiono di meno per il cancro del colon-retto. Quindi - ha sottolineato - è fondamentale fare campagne di sensibilizzazione come questa perché permettono di fatto di capire esattamente quali sono i vari step che coinvolgono i cittadini nello screening, perché bisogna proprio diffondere la cultura della prevenzione e degli screening che salvano la vita".