Questa nuova ed entusiasmante serie ci racconta le incredibili storie di coloro che hanno dedicato le loro vite alla ricerca di tesori leggendari. L'Arca di Noe', Il Santo Graal, la citta' perduta di El Dorado, sono solo leggende o c'e' qualche cosa di vero? Perche' tanti avventurieri hanno deciso di sfidare loro stessi per andare alla ricerca di questi, e molti altri, miti?
PHILIPPE CHARLIER, nato IL 25 giugno 1977a Meaux, è un patologo forense , anatomopatologo , archeoantropologo e paleopatologo francese. All'età di 10 anni fece il suo primo scavo vicino alla casa di famiglia e trovò un teschio. Dopo aver conseguito il diploma di maturità a 16 anni e mezzo, voleva diventare archeologo , ma i suoi genitori lo iscrissero agli studi di medicina. Allo stesso tempo, ha seguito corsi di archeologia e storia dell'arte presso l' Istituto Michelet , mentre trascorreva le sue estati nei siti di scavo di Monterenzio Vecchia ( Italia ) e Itanos ( Creta ). Fino all'estate del 2013, Philippe Charlier ha fatto parte del dipartimento di medicina legale dell'ospedale universitario Raymond Poincaré di Garches ( AP-HP UVSQ ). Presso l' Università di Versailles-Saint-Quentin-en-Yvelines (UVSQ), dirige il Laboratorio di Antropologia, Archeologia, Biologia (LAAB) specializzato nei campi dell'antropologia forense , della diagnosi retrospettiva , della paleopatologia e della patologia . Nel 1867 vennero presentati dei resti umani come autentici e appartenenti alla “Pulzella d’Orleans”: si tratta di una costola umana apparentemente carbonizzata, un frammento di lino e un femore di gatto, animale comunemente gettato nel rogo delle presunte streghe nel medioevo, mischiati a pollini di pino. Nel 1920 la Chiesa canonizzò Giovanna d’Arco, che divenne santa. Una prima perizia era stata tentata, senza risultato, nel 1979. Nel 2007 i resti sono stati concessi per le analisi ad una équipe di studiosi europei coordinata da Charlier che ha pubblicato i risultati di un lungo studio sulla rivista Nature. Per svelare il mistero gli scienziati hanno usato diversi metodi, dalla spettrometria di massa alla microscopia elettronica, fino all'analisi specifica dei pollini. Anche esperti profumieri hanno dato il loro apporto, individuando un inequivocabile odore di vaniglia, che caratterizza in realtà le mummie e non i corpi carbonizzati. La conferma che si trattasse dei resti di una mummia è arrivata dall’esame al Carbonio 14, che ha indicato anche la datazione: VI- III sec. a.C. ma grazie all’analisi microscopica e chimica dei frammenti si era già appurato che essi non avevano subito alcuna combustione ma erano ricoperti da materiali come bitume e resine. L’analisi dei pollini ha stabilito, inoltre, che essi non esistevano in quel luogo della Normandia, al tempo di Giovanna d’Arco, ma si trovavano nell’ampolla perché impiegati nell’imbalsamazione di quella anonima mummia.