Roma, 10 apr. (askanews) -Gli stranieri occupati in agricoltura in Italia sono quasi 362mila e coprono il 31,7% delle giornate di lavoro registrate. Eppure, il loro ruolo nelle filiere dell'agroindustria nazionale resta in gran parte invisibile. Lo rivela il rapporto "Made in Immigritaly - terre, colture, culture", la prima relazione sull'apporto degli immigrati all'agricoltura commissionata dalla FAI-Cisl e presentata al Cnel. Il segretario generale della Fai-Cisl Onofrio Rota: "Made in Immigritaly è il rapporto che dimostra che il contributo del lavoro immigrato nel settore agroalimentare è strategico. Per cui, con un terzo del lavoro dei lavoratori immigrati presenti che fanno produzione di alta qualità, possiamo dire che è un patrimonio interculturale ormai. E quindi è quello che abbiamo valorizzato oggi: una nuova narrazione di un lavoro buono, ben retribuito, che sicuramente avrà bisogno in prospettiva anche di risorse nuove, anche generate dall'immigrazione, che devono essere stabilizzate, e deve essere garantita anche una continuità lavorativa e abitativa". Il rapporto, 511 pagine pubblicate da Agrilavoro Edizioni e Com Nuovi Tempi, è stato realizzato dal Centro Studi Confronti e curato da Maurizio Ambrosini, Rando Devole, Paolo Naso e Claudio Paravati. Alla presentazione hanno preso parte anche il presidente del Cnel Renato Brunetta e il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida : "La Cisl è stata oggi protagonista di una presentazione, insieme al Cnel, il luogo del confronto per definizione, che parla di cultura, di colture e di terra, di rapporti indossolubili con il mondo del lavoro. Noi continuiamo a pensare che il nostro cibo sia di qualità, che possa portare benessere, in termini di ricchezza ma anche in termini di longevità, questo attraverso la valorizzazione del nostro sistema produttivo". Lo studio analizza entità e modalità del contributo degli stranieri con l'obiettivo di sollecitarne il riconoscimento illustrando la misura concreta di quanto il cibo italiano, considerato nel mondo un'eccellenza, debba anche al lavoro di braccianti, mungitori e operai provenienti da molti paesi. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra: "Pensiamo che sia importante puntare sul lavoro migrante, sottrarre tanta popolazione lavorativa dai rischi dello sfruttamento, del caporalato, della negazione dei diritti e questo significa valorizzare la contrattazione, la partecipazione, la qualità del lavoro".