(Adnkronos) - E’ spesso un enigma misterioso quello della pancia gonfia e dei conseguenti disturbi digestivi, talmente tanto complicato che nemmeno gli indovini delle intolleranze con i loro sortilegi riescono a risolvere. Certo, nessuno nega che la presenza di gas nell’intestino possa essere fisiologica. Ma come e perché l’accumulo di quei gas oltrepassa i limiti del ‘fisiologico’ per diventare patologia fastidiosa, ingombrante ed apparentemente irrisolvibile? A queste domande risponde la puntata di 'Fermenti, il segreto della vita', la rubrica online realizzata dall’immunologo Mauro Minelli sotto l’egida scientifica della Fondazione per la Medicina Personalizzata ed in collaborazione con AdnKronos salute.
"Sarà certamente importante masticare il cibo correttamente e per il giusto tempo, in modo da facilitare i processi digestivi. Sarà altrettanto importante mantenere tonici i muscoli addominali per evitare che il grasso viscerale e lo stesso intestino sconfinino oltre i loro limiti anatomici generando globosità dell’addome - sottolinea Minelli - Anche il transito intestinale rallentato, tipico della stitichezza cronica, potrebbe favorire, con la dilatazione di un qualche tratto intestinale, la formazione di sacche gassose. Ma tutto questo può bastare a spiegare un fenomeno così diffuso che, tra l’altro, resiste a privazioni alimentari tanto eroiche quanto scarsamente infruttuose?".
"Per rispondere credibilmente a tali quesiti non si possono più trascurare le tante informazioni che la scienza del microbiota intestinale continua a fornirci. Un incremento delle specie batteriche adibite alla digestione degli amidi e degli zuccheri in generale e quindi in grado di promuovere processi fermentativi, oltre a sviluppare cospicue quantità di gas, provoca una forte infiammazione della mucosa intestinale con aumento della permeabilità - osserva l'immunologo - Da ciò deriva un difettoso assorbimento di quei gas da parte del torrente circolatorio, con conseguenti effetti collaterali diversi che un malfunzionamento del sistema digerente comporta: dall’addome visibilmente globoso, alla difficoltà di perdere peso nonostante le diete, alla patologica fenomenologia da reflusso, all’alitosi e fino alle turbe dell’umore e del sonno".
"Un importante contributo alla regolazione quali-quantitativa della microflora intestinale è sicuramente fornito dall'alimentazione. Sicché - rimarca Minelli - ad esempio, una dieta a basso tenore di carboidrati fermentabili riduce i disturbi prodotti da un’eventuale ‘disbiosi’, a sua volta generata da un’eccessiva carica di batteri fermentativi nell’intestino. Questi carboidrati, raggruppati nel grande gruppo FodMaP (Fermentable Oligosaccharides, Disaccharides, Monosaccharides and Polyols) e contenuti, tra gli altri, nella farina di frumento, in diversi tipi di frutta fresca e verdura, nella frutta in guscio, nel latte e derivati, nei legumi, non sono affatto da considerare determinanti responsabili di eventuali intolleranze e/o allergie da loro direttamente indotte, quanto piuttosto agenti capaci di provocare disturbi di vario genere, per quanto prevalentemente intestinali, per il tramite di microrganismi fermentativi dei quali essi stessi costituiscono nutrimento idoneo ad attivare le nocive potenzialità metaboliche".
"Consegue a tutto questo la necessità di impostare schemi dietetici opportunamente modulati e calibrati su un adeguato introito di alimenti e di specifici correttivi pre-biotici e pro-biotici che tenga conto possibilmente della precisa condizione disbiotica del soggetto da trattare. E’ questa una regola di fondo, indispensabile per ottenere benefìci soprattutto in termini di recupero dei processi digestivi e delle dinamiche assorbitive, di regolarizzazione della funzionalità intestinale e, perché no, anche di miglioramento delle performances immunologiche", conclude.