Roma, 15 dic. (askanews) - Formare alla comunicazione i futuri medici, i medici e i pediatri di famiglia, ma anche il personale sanitario non medico; supportare la figura del caregiver con adeguate attività di formazione; potenziare i servizi di Telemedicina nelle strutture oncologiche: sono le tre indicazioni elaborate dai partner del progetto "Il senso delle parole. Un'altra comunicazione è possibile" per migliorare in oncologia la comunicazione tra chi cura e chi è curato. Le proposte sono contenute in un Position Paper sviluppato - a partire dall'analisi delle criticità del linguaggio che emergono dal Dizionario Emozionale - dai partner della campagna, promossa da Takeda Italia insieme ad AIL, AIPaSIM, Salute Donna Onlus, Trust Paola Gonzato-Rete Sarcoma Onlus e WALCE, e con il patrocinio di Fondazione AIOM.Le parole del Dizionario Emozionale ispirano 6 libretti "millelire" e sei episodi di un Podcast con storie e dialoghi nei quali risuonano tutte le sfumature di significato nella comunicazione tra medici, pazienti e caregiver che si confrontano e superano insieme snodi e tornanti del percorso di cura."Takeda è fortemente impegnata in oncologia - sottolinea Anna Maria Bencini, Oncology Country Head di Takeda Italia - è un'azienda che ha festeggiato recentemente i 10 anni della Fondazione della Business Unit Oncologia che da qualche anno è diventata proprio una divisione per rispondere alle esigenze dell'oncologia e siamo fortemente impegnati sia sull'oncologia che sui tumori solidi".Ma quanto c'è ancora da fare sull'attenzione ai caregiver? "In Italia siamo ancora molto indietro, di più si può fare tanto - afferma Annamaria Mancuso, Presidente Salute Donna Onlus -. Un primo passo è stato fatto perché la Lombardia è stata la prima Regione a fare una legge per il riconoscimento della figura del caregiver nella rete dell'assistenza e questo è un passo importantissimo. Non solo ha riconosciuto il caregiver nella rete di assistenza ma ha anche disposto una somma di 900mila euro per i primi tre anni a sostegno dei familiari e delle persone che si occupano dei caregiver".Quale, dunque, l'importanza di una corretta comunicazione non solo tra medici ma anche tra personale sanitario non medico? "Una comunicazione sbagliata può provocare angoscia e addirittura rigetto rispetto al percorso terapeutico. Alla comunicazione va data la stessa importanza della formazione di un medico rispetto alla malattia", conclude Giuseppe Toro, Presidente Nazionale AIL.