"Sono voluto venire di persona a Genova, anche se per età ormai mi collego quasi sempre solo online, perché a Genova ho avuto la possibilità di incontrare così tanti ragazzi, e questo è fondamentale perché mio fratello, l'ultimo giorno prima di morire, e lui sapeva di morire, aveva scritto una lettera ai giovani perché quando saranno adulti, disse, avranno più forza di combattere rispetto alla mia generazione".Salvatore Borsellino spiega così la sua presenza a Genova dove il gruppo ligure del Movimento delle agende Rosse ha organizzato un incontro con una rappresentanza delle scolaresche della Liguria. Un evento che arriva a trent'anni dalle stragi di mafia e propone, attraverso le testimonianze dirette di parenti delle vittime, di rappresentare il problema delle mafie alle giovani generazioni, che più di tutti hanno il diritto di conoscere i momenti più bui della storia contemporanea del nostro paese. "La memoria, però, non deve essere solo un ricordo sterile - ha spiegato - ma memoria significa anche lottare per la verità e la giustizia perché, a trent'anni di distanza, sulla strage di via D'Amelio non c'è ancora una giustizia vera e, purtroppo, in quest'ultimo periodo, si sta tornando indietro, con depistaggi, quelli che nei primi anni del processo hanno allontanato il corso della giustizia". Al dibattito, moderato da l presidente della sezione ligure del movimento Agende Rosse, hanno partecipato anche Giuseppe Antoci, Presidente onorario della Fondazione Caponnetto, Luciano Traina, ex ispettore di polizia e fratello di Claudio, agente di scorta rimasto ucciso in via D'Amelio e Antonio Vullo, unico sopravvissuto della strage di Via D'Amelio. Un incontro utile anche a dare consapevolezza do un fenomeno, quello mafioso, presente anche in Liguria. (videoservizio di Fabrizio Cerignale)