Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una dichiarazione di ferma condanna delle violenze contro i musulmani Rohingya in Myanmar. Violenze che hanno causato l’esodo di oltre 600.000 persone verso il Bangladesh. Una condanna che aumenta la pressione sull’ex-Birmania affinchè fermi la campagna militare nello Stato di Rakhine.
“Il Consiglio di Sicurezza lancia un appello affinchè il governo del Myanmar interrompa l’uso eccessivo della forza militare nello Stato di Rakhine, ripristini l’amministrazione civile e il rispetto della legge e adotti misure immediate coerenti con l’obbligo al rispetto dei diritti umani” ha detto Sebastiano Cardi, ambasciatore italiano all’Onu e Presidente di turno del Consiglio.
Accuse che il Myanmar descrive come fuorvianti rivendicando gli sforzi fatti dalle autorità brimane:
Hau Do Suan, ambasciatore birmano alle Nazioni Unite: “Siamo profondamente turbati dall’adozione di una dichiarazione presidenziale sulla situazione in Myanmar. Riteniamo che tale formulazione cerchi di riflettere la realtà ed esprimere un giudizio bilanciato. Tuttavia non c‘è un sufficiente riconoscimento degli sforzi fatti dal goveno del Myanmar per risolvere la crisi nello Stato di Rakhine. Viene inoltre stigmatizzato un Paese membro sulla base di false prove ed accuse”.
La leader birmana e Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi si è recata nelle zone interessate dal conflitto per la prima volta il 2 di novembre. La comunità internazionale, ad eccezione della Cina che si è opposta all’adozione di una risoluzione, accusa il governo di aver adottato sin da fine agosto una vera e propria epurazione etnica ai danni della minoranza musulmana.