Baydar: "Cosa è successo prima e dopo il tentato golpe? Non lo sappiamo ancora"

2017-07-14 7

Faruk Can, euronews: “Siamo con il giornalista veterano Yavuz Baydar. Nella notte del 15 luglio molti turchi erano in strada contro i golpisti e per difendere la democrazia. Un anno dopo, qual‘è lo stato di salute della democrazia in Turchia?”

Yavuz Baydar: “Questo tentato colpo di stato ha trasformato l’anno che è passato in un incubo. Voglio dire, quello che c’era di democratico in Turchia si è esaurito quella notte. E’ stata una missione suicida collettiva lanciata da un gruppo di ufficiali ribelli. Quello che e venuto dopo è stato un contro-golpe. Ancora oggi la questione principale è se il tentato colpo di stato e l’insurrezione militare potevano essere fermate anche dopo che erano iniziate. Possiamo dare una risposta a questa domanda?”

Faruk Can, Euronews: “Qual‘è stata, durante e dopo il tentato golpe, la reazione dei media?

Yavuz Baydar: “La copertura live dei fatti di quella notte è stata abbastanza dinamica e immediata. Ma se consideriamo i giorni, le settimane e i mesi seguenti non abbiamo saputo raccontare tutto come avremmo dovuto. I media non hanno potuto fare le domande giuste alle persone giuste, per raccontare tutti i lati di questa storia. Insomma, non sappiamo ancora cosa sia successo esattamente dopo il fallito golpe. Sfortunatamente il sistema giudiziario turco ha sempre creato problemi. E’ stato cosi nel 1980, di nuovo negli anni 90 ed e ancora cosi. E’ stato cosi per lo stesso processo contro Erdogan, arrestato e detenuto per aver letto una poesia a una riunione di partito, o il processo contro la presunta organizzazione clandestina Ergenekon, o il caso Sledgehammer, e adesso i processi dopo il colpo di stato fallito. Nessuno ha avuto giustizia. Il principio fondamentale è questo: “responsabilità cirminale individuale”, di fronte a un crimine grave la legge e il sistema giudiziario devono trovare il colpevole, giudicarlo singolarmente attraverso prove e mettere sotto accusa solo chi è effettivamente responsabile. Al contrario, si procede dividendo le persone in gruppi e si colloca qualcuno che pensi o speri sia colpevole all’interno di questo gruppo, in uno stesso calderone cosi si procede a giudicarli, a metterli in prigione per mesi, anche anni, in barba a qualsiasi convenzione europea dei diritti umani. non è cosi che si migliora la giustizia”.