“La prima reazione è di vivo stupore per la decisione della procura, non è vero che non ci sono i moventi e le prove dei depistaggi, ce ne sono in abbondanza, non si vogliono leggere. La procura della Repubblica di Roma ha sbagliato ”: così a Euronews l’avvocato della famiglia di Ilaria Alpi, Domenico D’Amati.
“La Procura dopo lungo tempo ha detto che non ci sono gli elementi per richiedere il rinvio a giudizio, quando tutti gli elementi emersi fino ad oggi indicano una responsabilità delle autorità italiane per come sono state condotte le indagini. Questo processo fin dall’inizio è stato destinato ad abortire”, aggiunge il legale che segue da venti anni la famiglia Alpi.
“Voglio ricordare che sulla stessa vicenda la corte di appello di Perugia nella sentenza depositata il 12 gennaio 2017 aveva dichiarato che ci si trova di fronte a condotte che generano ‘sconcerto’ riferendosi al modo in cui sono state condotte le indagini sull’omicidio”.
Per l’avvocato Domenico D’Amati ci sono stati tentativi di depistare le indagini da parte di apparati dello Stato italiano: “lo Stato italiano ha pagato un informatore per fare accusare una determinata persona e questa persona ha ammesso di essere stato pagata per mentire e far condannare un innocente, Hashi Omar Hassan, questo è emerso a Perugia”.
L’avvocato si riferisce al teste Gelle: “Il teste fu trovato dall’allora ambasciatore italiano Giuseppe Cassini, fu lui che reperi i testimoni ma Cassini collaborava con quelli contro i quali avrebbe dovuto combattere”.
Perché lo stato italiano ha depistato? “Tutto risale ai traffici di rifiuti tossici e di armi che si sono sviluppati dopo l’uscita dell’Italia dalla Somalia. Quando l’Italia ha abbandonato la Somalia ha lasciato uno strascico di traffici, c’erano dei gruppi italo-somali che acquistavano armi, munizioni ed altre merci vietate. Ilaria Alpi ne era venuta a conoscenza e si è recata nel centro di questi traffici che era Bosaso, quando è ritornata da Bosaso è stata oggetto di un attacco omicida. Ilaria Alpi a Bosaso parlò con sultano di Bosano che gli disse che c’erano questi traffici proibidi condotti dagli italiani, varie fonti dicono che questo sultano ha telefano al capo dell’organizzazione di contrabbandieri e gli ha detto di stare attento perché sarebbe andato in onda in Rai un servizio sulla vicenda, sul traffico di armi e score velonose”.
Viene, dunque, organizzata una trappola mortale per Ilaria Alpi e Miran Hrovatin mentre sono a bordo di un fuoristrada nella zona nord di Mogadiscio. “C’è un rapporto del capo della polizia somala che ha svolto delle indagini dalle quali è risultato che c’era un gruppo che era stato incaricato di eliminare Ilaria Alpi per impedire di diffondere quello che aveva scoperto sui traffici illeciti che si svolgevano”.
Siamo nel 1994, siamo nella stagione dei Mani pulite, ricorda l’avvocato D’amati che spiega:”I traffici con la Somalia erano in qualche modo collegati con ‘Mani pulite’, c’era una camera di commercio