È questione di settimane, la battaglia di Mosul finirà prima dell’estate, aveva detto il presidente francese Fraçois Hollande il 2 gennaio, nel corso della sua visita ai suoi militari in Iraq.
L’esercito regolare iracheno stringe sempre più il cerchio intorno ai miliziani islamisti che rispondono, via l’agenzia news dell’Isil Amaq, propagandando immagini che li mostrano in piena azione e padroni del campo.
Sempre più profughi, segno che l’Isil s’indebolisce
Ma il fatto che sempre più profughi riescano ad uscire dalla cosiddetta capitale del sedicente Stato islamico in Iraq è un segno, già visto ad Aleppo del resto, del progressivo indebolimento dei jihadisti.
Ecco cosa raccontano i profughi, dice una donna:
Siamo fuggiti dalla zona di Somar, piovevano proiettili ovunque. Ce l’abbiamo fatta per miracolo, passando da Shwal.
Un uomo aggiunge:
Questa gente scappa da Daesh, che spara contro le case, brucia le macchine, affama la popolazione. Non c‘è più cibo e loro controllano se la tua barba è regolamentare. Questo è Daesh.
Primo obiettivo: attraversare il Tigri
Secondo l’Onu, gli sfollati sono oltre 125mila dall’inizio delle operazioni, il 17 ottobre. 9mila scappati solo negli ultimi quattro giorni. La seconda fase dell’attacco è iniziata il 29 dicembre.
Le forze governative, coadiuvate dai peshmerga curdi sul terreno, e da una coalizione internazionale per via aerea, puntano ad aprirsi un varco per attraversare il fiume Tigri e attestarsi sulla sua riva occidentale, lungo cui si stendono i quartieri del centro.
La città è contrallata dall’Isil dal giugno del 2014. In precedenza contava circa un milione e mezzo di abitanti.