L’inaugurazione della mega-statua del Principe Vladimir è stata il momento-clou delle celebrazioni del 4 novembre in Russia: è il giorno dell’unità nazionale, istituito nel 2005 da un altro Vladimir, Putin, in sostituzione della festività del 7 novembre che ricordava la grande Rivoluzione d’ottobre (il calendario russo-ortodosso è in ritardo di un paio di settimane su quello europeo).
I diciassette metri di statua di Vladimir il grande sono serviti a Putin per parlare del presente:
“Oggi è nostro dovere essere uniti per resistere alle minacce del nostro tempo, appoggiandoci a un ordine morale, alle tradizioni inestimabili di unità e di concordia, per andare avanti e assicurare la prosecuzione della nostra storia millenaria”.
In precedenza Putin aveva deposto dei fiori, insieme ai leader di tutte le confessioni religiose, al monumento di Kuzma Minin e Dmitry Pozharsky, capi delle milizie che nel 1612 liberarono Mosca dall’invasore polacco.
E se il presidente ruisso era accompagnato da manifestanti e fanfare per la festa nazionale, l’estrema destra ha colto l’occasione per una contro-manifestazione:
“Per un nazionalista russo – ha spiegato l’organizzatore della protesta – il nemico è interno. Sono i burocrati, è l‘élite politica che si è messa intorno a Putin approfittando dei conflitti in Siria e nell’Est dell’Ucraina”.
I manifestanti, poco più di un migliaio, hanno intonato “Putin vattene”, prima di essere dispersi. Il leader del movimento, Dmitry Demushkin, è in carcere da alcuni mesi. Gli striscioni che ne chiedevano la liberazione sono stati rimossi. Due i manifestanti fermati.