Il presidente filippino Rodrigo Duterte minaccia di lasciare le Nazioni Unite, dopo che la Commissione dei diritti umani l’ha invitato a mettere fine agli assassinii mirati e agli omicidi extragiudiziali. Secondo il rapporto dell’Onu più di 850 persone sono state uccise dall’elezione di Duterte, il 10 maggio, all’11 agosto, oltre 650 nelle ultime sei settimane.
“Io non voglio insultarvi. Ma magari dovremo decidere di lasciare le Nazioni Unite”, ha detto Duterte, che ha concluso la frase lanciando improperi all’Onu, nel linguaggio colorito che lo contraddistingue. Un linguaggio diretto che, insieme alle sue politiche sbrigative di lotta al crimine, è uno degli elementi che l’hanno portato al potere. La sua popolarità appare tutt’altro che intaccata dalle critiche: “Oh certo, adesso ci sono molti meno drogati – assicura una residente -. È davvero in gamba, Duterte sta facendo un buon lavoro. È davvero un ottimo presidente per il nostro paese”.
Una popolarità che per la senatrice Leila de Lima affonda le sue radici in un sistema corrotto: “C‘è della gentaglia in tutte le strutture del nostro governo: forze dell’ordine, pubblici ministeri e giudici, è per questo che il nostro sistema giudiziario è così marcio, ed è per questo che scorciatoie di questo genere vengono incoraggiate”.
Duterte, che in campagna elettorale ha promesso un giro di vite nella lotta alla droga e alla criminalità, nei giorni scorsi ha invitato le forze dell’ordine a sparare ai sospetti spacciatori che resistano all’arresto.