S’intitola Jihad. L’opera che racconta il viaggio di tre giovani, originari di Bruxelles, verso la Siria, sfida convenzioni e luoghi comuni.
Presentato a fine dicembre, il lavoro del regista Ismail Saidi è tutt’ora in programmazione. Un successo di pubblico e critica. La storia di Ben, Reda e Ismael e il loro viaggio verso la Jihad incuriosisce il pubblico su un fenomeno che riguarda il Belgio molto da vicino.
“In cosa i tre protagonisti mi somigliano?” si chiede Saidi “Diciamo che tutti hanno dei frammenti di me. Anche io a un certo punto mi sono rinchiuso nell’ideologia, un momento in cui ho cercato l’Islam duro e puro, dove tutto è proibito. Come Reda, sono stato un po’ ingenuo. Forse è lui il personaggio che mi somiglia di più. Anche io mi sono torturato, come Ismael, nel tentativo di capire, ce l’avevo con tutti perché ero figlio di immigrati. Cercavo qualcuno da incolpare per tutto questo. E’ in questo che i 3 personaggi mi somigliano”.
Jihad non è un’opera dogmatica, n