È Natale, nonostante tutto.
A Kenema, in Sierra Leone, i volontari e il personale sanitario tentano di risollevare il morale ai pazienti affetti da Ebola.
Canti natalizi e anche un po’ di danza, stando attenti a non entrare mai in contatto.
L’ultimo bilancio fornito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di quasi 20.000 persone colpite, e quasi 7.600 decedute.
La lotta contro il virus è stata rallentata dalle inefficienze del sistema sanitario locale, e dalla sua estrema povertà di mezzi. Grazie alle donazioni della comunità internazionale, ora si possono sterilizzare o distruggere uniformi, strumenti medici, garze ed altro.
Finora, nel migliore dei casi, si provvedeva all’incenerimento in fosse scavate nei pressi.
Che non sia un Natale come gli altri lo si vede anche tra le bancarelle del mercato di Freetown:
“Volevo mettermi in viaggio, come ogni anno, per passare le vacanze nel mio villaggio. Ma per colpa dell’Ebola non ho potuto andare da nessuna parte”.
“Da quando c‘è l’Ebola non si fanno affari, non c‘è niente. È da un anno che non ho più viaggiato, i prezzi degli aerei sono saliti, il cambio peggiora, non c‘è commercio, dalla provincia non viene nessuno, stiamo solo seduti”.
Il Nord del Paese è isolato per i prossimi cinque giorni, ma il rischio, in generale, è che lo stallo nel Paese duri per molti mesi ancora: è Peter Piot, uno degli scopritori del virus, a dire che anche se il picco in Sierra Leone verrà toccato nelle prossime settimane, ci si deve preparare alla lotta anche per tutto il 2015.