GIUSEPPE PINELLI: UN ASSASSINIO DI STATO RIMASTO IMPUNITO (INTERVISTE A LICIA, CLAUDIA E SILVIA PINELLI)
Alberto Roveri, giornalista della rivista Panorama attualmente in pensione e da sempre amico della famiglia Pinelli, ha prodotto un interessante documentario sui fatti che portarono all’assassinio di Giuseppe Pinelli (Milano, 21 ottobre 1928/15 dicembre 1969), partigiano antifascista nelle Brigate Buzzi Malatesta, ferroviere, anarchico, animatore del Circolo Ponte della Ghisolfa di Milano e ingiustamente accusato di essere uno dei colpevoli della strage di stato di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 a Milano, “ufficialmente precipitato” (…) dal quarto piano dei locali della questura di Milano, mentre veniva “interrogato” da cinque funzionari di polizia. Raccontano la moglie Licia, estremamente riservata in tutti questi anni, e le figlie Claudia e Silvia, allora bambine. Licia si è convinta a “parlare” per lasciare una testimonianza orale per i propri nipoti e per non perdere la memoria, quella di come andarono le cose per davvero. Bellissime le fotografie tratte dall’archivio privato di famiglia dei Pinelli e da quello di Roveri. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ricevendole 40 anni dopo i fatti al Quirinale, insieme alla vedova del commissario Luigi Calabresi, aveva dichiarato: “Rispetto ed omaggio quindi per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte di infondati sospetti e di una ingiusta fine”.
L'inchiesta conclusa nel 1975 dal giudice istruttore Gerardo D'Ambrosio “escluse” l'ipotesi dell'omicidio, giudicandola “assolutamente inconsistente” (…), ma per chi non ha le fette di salame sugli occhi “se Pinelli si è buttato, allora Calabresi si è sparato”, come recita la canzone di lotta del cantautore popolare Antonio Catacchio.