Più che svelare l’impiego della tortura da parte della Cia nell’era post 11 settembre, il controverso rapporto del Comitato di Intelligence del Senato americano pubblicato ieri apre uno squarcio inquietante sulla gestione dell’agenzia americana, Stato nello Stato che agisce senza informare la Casa Bianca del suo operato.
Il Presidente Barack Obama – che bandì il programma d’interrogatorio in vigore per i prigionieri accusati di terrorismo appena arrivato alla Casa Bianca – parla di capacità di ammettere gli errori.
“Non esiste un momento buono per rendere pubblico un rapporto del genere” ha detto Obama. “Ma credo che per noi fosse importante riconoscere che quello che ci distingue è che quando facciamo un errore siamo in grado di ammetterlo”.
Ma il rapporto sul quale il comitato ha cominciato a lavorare sin dal 2009, solleva tante domande quante sono le risposte che dà: il “waterboarding” (pratica dell’affogamento simulato) e altre forme di tortura sono state impiegate nelle strutture Usa in Europa e Asia. I detenuti erano più di quelli dichiarati dalla Cia (119 e non 98). Ma solo 500 pagine sono rese pubbliche sulle quasi 7.000 del rapporto.
“Abbiamo un’idea chiara di quel che è accaduto, sappiamo dove stavano gli inganni, dove stavano gli errori, almeno alcuni, di quelli commessi e non vogliamo vederli ripetere mai più. È proprio questo il punto: mai più” ha detto ai nostri microfoni Dianne Feinstein, democratica della California, Presidente del Comitato.
La Cia insiste sul fatto che le pratiche impiegate hanno sventato numerosi attacchi contri gli Stati Uniti. Un punto sul quale al contrario il rapporto è chiaro.
“Credo che fosse contrario ai nostri valori, ai nostri ideali e ai nostri principi adottare pratiche del genere” spiega il senatore indipendente Angus King, membro del Comitato. “Inoltre non credo che siano servite. Non credo che abbiano aiutato l’intelligence ad aiutarci. Questo dice il rapporto”.
Il nostro corrispondente Stefan Grobe: “L’Fbi ha avvertito che il rapporto potrebbe aumentare il rischio di attacchi terroristici contro i luoghi d’interesse degli Stati Uniti nel mondo. Quegli interessi che il Senato ha voluto proteggere dicendo la verità”.