Il premier israeliano Netanyahu licenzia due ministri, Tzipi Livni dalla giustizia e Yiair Lapid dalle finanze e apre di fatto la crisi di governo e la strada verso elezioni anticipate. Questo mercoledì si discute della data di scioglimento della Knesset, il parlamento nazionale.
Alla fine i nodi sono venuti al pettine. Tutto è iniziato circa una settimana fa quando il premier ha cercato di far passare una legge che definisce il paese “Stato nazione del popolo ebraico”. Per i ministri centristi un tentativo di ingraziarsi l’ultradestra contro cui avrebbero votato.
“È un tradimento, ha tuonato il premier, “non si può guidare un governo in queste condizioni, Per questo ho inviato lettere di licenziamento ai ministri Livni and Lapid.”
Alle elezioni che si potrebbero tenere fra aprile e maggio il Likud di Netanyahu dovrebbe avere la maggioranza, ma solo alleandosi con l’ultradestra. Lapid, giornalista-star prestato alla politica è considerato il nuovo astro nascente del centrosinistra, ma per il momento non sembra avere il peso politico per impensierire il rivale come la stessa Livni.
La Livni ci aveva messo del suo accusando Netanyahu di mettere parti di Israele in conflitto fra loro, e aver accantonato il progetto della prima casa esentasse. Un progetto che interessa soprattutto i giovani.
La maggioranza attuale si è sciolta in appena due anni di litigiosa coabitazione. Adesso l’uomo forte della prossima coalizione sembra essere Naftali Bennett, leader di Focolare Ebraico, partito vicino ai coloni più oltranzisti. Nel prossimo esecutivo potrebbe essere lui a dettare la linea.