Il governo iracheno fa pulizia fra i ranghi dell’esercito. Ventisei comandanti militari sono stati destituiti, altri dieci mandati in pensione, per corruzione e incompetenza, per decisione del primo ministro, lo sciita Haidar al Abadi.
L’esercito è al centro di critiche per la sua incapacità di ripristinare la sicurezza nel Paese, lasciando gli estremisti dell’Isil conquistare gran parte del nord e dell’ovest.
“Credo che la decisione del primo ministro e comandante in capo delle forze armate di rimuovere alcuni comandanti militari del ministero della difesa e mandarne altri in pensione – afferma un abitante di Baghdad – sia una mossa coraggiosa che arriva nel momento giusto, visto che l’istituzione militare sta soffrendo molte difficoltà”.
Venerdì scorso era stato il capo del clero sciita, l’ayatollah Ali al-Sistani a denunciare la corruzione dell’esercito come fattore chiave per le conquiste dell’Isil.
“Per riformare il settore della sicurezza – dice un analista di questioni militari – occorre cambiare i comandanti per migliorare le capacità di combattimento e l’addestramento oltre alle capacità personali del comandante”.
Di fronte alla mancanza di un esercito forte, contro gli jihadisti si battono i peshmerga curdi appoggiati dalla coalizione internazionale, nel nord dell’Iraq. Nella provincia occidentale di al-Anbar, altro bastione degli estremisti, Baghdad ha deciso di armare le tribù sunnite che lottano contro l’Isil.