Usa: la ripresa c'è, la Fed interrompe gli stimoli monetari

2014-10-29 16

Anche l’ultimo programma di allentamento monetario a sostegno dell’economia americana arriva al capolinea. A decidere di mettere la parola fine al cosiddetto “Quantitative Easing”, ovvero l’acquisto di titoli di Stato e mutui ipotecari per immettere liquidità nel sistema, è stata la Federal Reserve al termine del suo vertice.

Una decisione attesa, quella del comitato di politica monetaria guidato dal governatore Janet Yellen, a fronte di una crescita prevista al 3% quest’anno e di un tasso di disoccupazione oggi sotto il 6%.

Il piano, il terzo dall’inizio della crisi ecomica, era stato lanciato dal predecessore di Yellen, Ben Bernanke, ed era arrivato a pompare nell’economia 85 miliardi di dollari al mese. A fine 2013 la decisione di rallentare il ritmo, fino allo stop di questo mercoledì.

La recente volatilità sui mercati non ha fatto cambiare idea alla Fed, secondo cui l’obiettivo di inflazione del 2% non è in pericolo.

La capacità inespressa nel mercato del lavoro sta diminuendo, dice il comunicato della banca centrale a stelle e strisce, che promette però di mantenere i tassi ai minimi storici ancora per un periodo di tempo “considerevole”.

Per approfondire la situazione abbiamo parlato con il corrispondente di Euronews da Washington, Stefan Grobe.

Oleksandra Vakulina: “Dal 2008 la Federal Reserve ha lanciato tre diversi programmi d’acquisto di titoli. I primi due erano mirati principalmente a stabilizzare il sistema finanziario, l’ultimo ad “accelerare la ripresa”. Quanto è stata efficace la terza manovra?”

Stefan Grobe: “La Fed ti risponderebbe che è stata senza dubbio efficace. Che la disoccupazione è scesa da oltre il 7% a sotto il 6%. Che l’economia è cresciuta, anche se in maniera modesta. Che ha spinto le assunzioni e che ha aiutato ad abbassare i tassi d’interesse a lungo termine. Ora, i critici di Capitol Hill e del mondo accademico, persino dentro la Fed, ti direbbero invece che il programma ha soltanto aumentato le disuguaglianze esistenti in America. Che i nuovi posti di lavoro sono pagati poco. Che gli stipendi ristagnano e che l’economia in generale è cresciuta in modo erratico. Per cui, il concetto è: la classe media ha preso una batosta, mentre gli investitori sono diventati ancora più ricchi”.

Oleksandra Vakulina: “Per quasi sei anni la banca centrale ha pompato liquidità nell’economia statunitense. Ora che il programma d’acquisto è terminato l’economia è abbastanza forte per sostenersi senza gli stimoli e crescere per conto suo?”

Stefan Grobe: “È la domanda da un milione di dollari. Ricordiamoci che il terzo round di stimoli ha gonfiato i bilanci della Fed a livelli mai visti. Il denaro che la Fed ha stampato per comprare bond, oltre 3 mila miliardi di dollari, potrebbe alimentare un’inflazione eccessiva quando la crescita finalmente prenderà piede. Oppure potrebbe creare delle bolle speculative in grado di causare instabilità a livello finanziario e, potenzialmente, una nuova crisi. Poi c‘è sempre il rischio di un ritorno di fiamma della crisi che potrebbe essere innescato da qualsiasi fattore esterno”.

Oleksandra Vakulina: “Ogni decisione della Fed viene attentamente monitorata fuori dagli Stati Uniti, ma questa è di particolare importanza. In che modo influenzerà l’Europa e i mercati emergenti?”

Stefan Grobe: “Se l’economia statunitense riprende velocità, questo dovrebbe dare ad Europa e mercati emergenti una grossa spinta. Ma ci sono altri elementi importanti in tal caso: ciò che succederà al dollaro, al prezzo del petrolio, e, infine, che piega prenderanno le cose all’interno dell’Eurozona”.