Distensione diplomatica e tensione sul terreno. In questo contesto arriva l’incontro di questo venerdì a Milano tra Vladimir Putin e Petro Poroshenko. È il terzo faccia a faccia dall’elezione di Poroshenko, dopo quello avuto in Normandia e il vertice di Minsk, dove i due presidenti hanno concordato il cessate il fuoco in Ucraina orientale.
A Milano, come ha annunciato lo stesso Poroshenko, sono possibili anche progressi “significativi” nei negoziati per la questione del gas.
Il vertice è stato preceduto dal colloquio tra i rappresentanti della diplomazia russa e statunitense, martedì scorso a Parigi. Sergei Lavrov ha chiesto di rilanciare il dialogo politico sottolineando che il rispetto dell’accordo di Minsk è la condizione necessaria alla soluzione della crisi ucraina.
“Come sapete, io e John Kerry non rappresentiamo le due parti in conflitto – ha ripetuto il ministro degli Esteri russo – Come ho già detto, la soluzione della crisi in Ucraina è possibile solo attraverso colloqui diretti per arrivare a un accordo tra le parti in conflitto”.
Da parte sua John Kerry ricorda che solo le elezioni legislative del 26 ottobre sono legittime, compresa l’elezione dei dirigenti locali nel turbolento est ucraino: “A nostro avviso, qualsiasi sforzo per tenere un referendum per l’indipendenza di Luhansk e Donetsk sarebbe una violazione degli accordi di Minsk – ha ribadito il segretario di Stato statunitense – E i risultati non saranno riconosciuti né dall’Ucraina né dalla comunità internazionale”.
Kerry ha anche confermato l’avvenuto ritiro delle truppe russe dall’Ucraina e dalla zona di confine. Il 12 ottobre, Putin aveva ordinato il ritiro da Rostov, ma il Cremlino ha sempre negato qualsiasi intervento nel conflitto militare ucraino.
Dalla fine di ottobre, comunque, la frontiera russo-ucraina sarà monitorata da quattro droni. Serviranno a verificare il rispetto del cessate il fuoco entrato in vigore il 5 settembre. Un compito affidato all’OSCE e fondamentale, secondo Kiev, per impedire ai filorussi di continuare a ricevere aiuti militari da Mosca.
Almeno 331 persone sono rimaste uccise nell’est dell’Ucraina dall’entrata in vigore della tregua e sono 3.660 le vittime accertate dalle Nazioni Unite dall’inizio della crisi.