Bora Bayraktar, inviato di euronews: “Mi trovo al posto di frontiera tra Turchia e Siria. Alle mie spalle la città di Kobani da dove sono fuggiti i curdi minacciati dal gruppo jihadista Stato Islamico. Ora alcuni di loro tornano indietro”.
Un ritorno al teatro di guerra, per questi uomini di etnia curda. Ma al posto di frontiera soltanto le persone di passaporto siriano possono passare. Chi ha la nazionalità turca resta in Turchia, dove restano anche le famiglie dei rifugiati, nei campi profughi. Gli uomini partono a combattere contro i militanti islamici dell’autoproclamato Stato Islamico.
“Si tratta di una questione nazionale, è una questione di onore. Come si può restare a casa propria, al posto di lavoro, con le braccia incrociate a guardare la guerra in atto? Non è nella nostra tradizione” dice un combattente curdo.
“Sono tornato alla mia terra, alla mia città, dalla mia gente. Perché sono tutti come fratelli, padri, madri. Sono la mia patria, io sono figlio di questo Paese” dice un rifugiato prima di ritornare in Siria.
Uomini ma non soltanto: ci sono anche molte donne che, piuttosto che accettare le condizioni precarie dei campi profughi in Turchia, sebbene lontano dai combattimenti, preferiscono tornare alle proprie case, a Kobani. Dove si combatte.