Gli sforzi degli unionisti starebbero pagando, visto che l’ultimo sondaggio dà il No all’indipendenza della Scozia di nuovo in leggero vantaggio: 52 contro 48%.
Tutti i pezzi grossi della politica britannica, anche di opposizione, si sono fatti vedere a Edimburgo per perorare la causa del Regno unito d’Inghilterra. Fra loro l’ex premier laburista Gordon Brown, di origini scozzesi:
“C‘è un migliore, più sicuro, più giusto e veloce modo per soddisfare le aspirazioni degli scozzesi: adottare la nostra proposta di un parlamento scozzese più forte, ma nel Regno unito”.
Per il primo ministro scozzese Alex Salmond, principale fautore del si alla separazione, si tratta di proposte intimidatorie e tardive:
“Vinceremo, non perché abbiamo una ricchezza di risorse nazionali, per quanto importanti siano, ce la faremo se continuiamo a mantenere la stessa energia e partecipazione che abbiamo visto in questa campagna.”
Da oggi al 18 settembre, data del referendum, gli indipendentisti dovranno far fronte a venti contrari che vanno ben al di là di Londra.
Anche il Fondo monetario internazionale è sceso in campo per il No, sostenendo che la secessione porterebbe incertezza economica e volatilità nei mercati.