Al grido di “fight for fiftheen”, i lavoratori dei fast food sono scesi in sciopero negli Stati Uniti per reclamare l’aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora.
Una mobilitazione nazionale, alla quale hanno aderito anche migliaia di altri lavoratori sottopagati, come colf e badanti. Dalla loro, è tornato a schierarsi il presidente Obama, che tenta di farne un punto centrale nella campagna per le elezioni di midterm, a novembre.
Micheal Gonzalez scalda hamburger a McDonad’s per 8 dollari l’ora: “Ne vogliamo 15 – dice – non chiediamo molto: solo quel tanto che basta per vivere, o meglio sopravvivere, in una città come New York”.
“Sono qui per uno stipendio migliore – gli fa eco una sua collega – perché voglio una vita migliore, perché col salario minimo non si fanno progressi. Siamo sempre nella stessa situazione, ma io voglio migliorare la mia vita e quella della mia famiglia”.
Oltre a un aumento in busta paga, l’altra principale rivendicazione è la possibilità di iscriversi ai sindacati. Una battaglia che sono pronti a combattere anche con la disobbedienza civile.
Per oltre 400 manifestanti in 150 città americane sono scattate le manette: una ventina di fermati solo a New York, con l’accusa di aver interrotto la circolazione stradale.