Due settimane dopo l’imposizione del bando sui prodotti alimentari occidentali (rappresaglia del Cremlino per le sanzioni seguite alla crisi ucraina) i prezzi al consumo in Russia hanno già cominciato a salire.
Secondo i media locali a Mosca il costo della carne suina e del pesce congelato è cresciuto del 6%, quello del latte e dei formaggi di oltre il 4%.
A San Pietroburgo pollo e maiale costano ora rispettivamente il 25,8% e il 23,5% in più. Qualcuno fa notare che la città aveva sperimentato tassi di inflazione oltre il 10% già prima dell’embargo.
Ma l’aumenti come quelli visti sull’isola di Sakhalin e a Primorye (60% le coscie di pollo, 40% il pesce) sembrano riportare indietro le lancette dell’orologio.
La parola “spekulyanty”, usata per indicare chi ai tempi dell’Unione Sovietica speculava col mercato nero, comincia a riaffiorare nonostante le promesse di vigilanza del Cremlino.