Dalla portaerei statunitense George Bush, che incrocia nel Golfo Persico, sono stati effettuati almeno 24 raid aerei contro le posizioni dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante.
Un impegno, quello americano, che si concretizza anche con l’arrivo sul Monte Sinjar di una squadra incaricata di valutare l’evacuazione di migliaia di civili minacciati dai combattenti sunniti.
Ben Rhodes, vice consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, esclude l’invio di truppe di terra, ma aggiunge che “esistono molte opzioni per trarre in salvo le persone bloccate su quelle alture”.
Fallito il tentativo dei diplomatici europei di concertare una posizione comune di fronte all’emergenza in Iraq, i membri dell’Unione si muovono in ordine sparso. Parigi, ad esempio, ha deciso di armare i curdi.
Il console francese in Kurdistan, Alain Guepratte, ha spiegato che il presidente Hollande vuole aiutare le forze che si oppongono al terrorismo, specialmente i Peshmerga. “Stiamo per inviare in Kurdistan armi e munizioni”, ha detto, senza tuttavia specificare di quale tipo di armamenti si tratti.
Anche la Germania sta pensando di allentare le sue norme restrittive in materia di armi, consegnando alle forze curde armamenti moderni con i quali contrastare l’avanzata degli jihadisti. A dirlo è il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier. Una svolta che finora nessuno, nella coalizione di governo, aveva fatto intuire così chiaramente.