L’ex presidente egiziano Hosni Mubarak ha preso la parola nel processo a suo carico per negare di aver mai dato ordine di uccidere dei manifestanti anti-governativi durante le rivolte di Piazza Tahrir, nel gennaio 2011.
Una difesa appassionata quella del vecchio rais, già condannato all’ergastolo nel 2012, prima che una corte d’appello annullasse la sentenza, ordinando un nuovo processo.
In attesa del verdetto, che verrà annunciato il 27 settembre, il Paese si divide nel giudizio sull’uomo che lo ha governato per trent’anni. La sua testimonianza, trasmessa in tv, è stata particolarmente seguita nei locali del Cairo, suscitando reazioni opposte.
“Il presidente Mubarak non merita tutto questo. A suo modo, ha fatto l’interesse della nazione. Possiamo essere fieri che ci abbia lasciato un esercito capace di proteggere il Paese da tutti i suoi nemici”.
Nella sua difesa, Mubarak ha anche detto che quella di Piazza Tahrir non fu una rivoluzione, bensì un complotto, ordito da forze che hanno sfruttato la religione.
“Non posso accettare che si neghi la rivoluzione del 25 gennaio – è la reazione di un altro cittadino – è grazie a quella rivolta se oggi posso esprimermi liberamente”.
Il processo Mubarak non appassiona i Fratelli Musulmani, che meditano manifestazioni nel primo anniversario della mattanza di Rabaa e Nahda.