Quella in corso è la più grave epidemia di Ebola in quasi 40 anni di storia della malattia. Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 932 i decessi su 1711 casi accertati in in Guinea Conakry, Liberia e Sierra Leone.
Questi paesi hanno annunciato misure drastiche per contenere l’epidemia, come la chiusura delle scuole e la messa in quarantena delle abitazioni delle persone contagiate. Ma le strutture sanitarie non hanno i mezzi necessari e la popolazione non ha fiducia nei trattamenti.
“Se le persone accettassero il ricovero in ospedale quando sono malate, se accettassero la visita a domicilio dei medici, l’epidemia si arresterebbe molto rapidamente – sostiene Sylvain Baize, capo del Consiglio Nazionale di Ricerca dell’Istituto Pasteur – Il problema è che le persone non accettano i trattamenti e si nascondono. I familiari dei ricoverati vengono in ospedale per recuperare i propri cari e portarli a casa. Questi comportamenti contribuiscono a diffondere il virus”.
Focolaio dell’epidemia, la Guinea ha pagato un prezzo molto pesante in termini di vite umane, ma la situazione sembra essersi stabilizzata in molte aree. Per contro, Liberia e Sierra Leone sono considerate, dal mese di giugno, come l’epicentro dell’epidemia.
L’importazione del virus in Europa è teoricamente possibile, ma il rischio è basso, soprattutto grazie ai controlli negli aeroporti.
“Il virus Ebola non può provocare una pandemia perché si diffonde per contatto. Quindi il rischio di trasmissione in un paese abbastanza lontano dalla zona dell’epidemia è molto limitato – aggiunge Sylvain Baize – Può capitare di importare un caso in Francia, ad esempio, ma in questi paesi sono state applicate le misure per prevenire la trasmissione. Sarei più preoccupato per i paesi limitrofi a quelli attualmente interessati. Le frontiere terrestri non sono un freno alla diffusione dell’epidemia”.
Attualmente non esiste alcun trattamento né vaccino valido contro Ebola. Ma ci sono molti protocolli sperimentali, come quello paraticato su due pazienti statunitensi affetti dal virus dopo essere stati in Africa. Questo cocktail di anticorpi è stato chiamato ZMapp.
“Questo trattamento si basa sulla miscela di anticorpi monoclonali: gli anticorpi che vengono prodotti sono in grado di neutralizzare il virus, cioè impediscono al virus di penetrare nelle cellule e quindi di infettarle – spiega il capo del Consiglio Nazionale di Ricerca dell’Istituto Pasteur – Questo trattamento è sperimentale, è stato testato solo su primati mostrando una certa efficacia, ma solo se somministrato subito dopo aver contratto l’infezione. Quindi dobbiamo rimanere cauti, nel senso che dove i medici hanno ricevuto questo trattamento lo hanno ricevuto molto tardi e non necessariamente in una sola volta”.
Questo siero sperimentale ha sollevato tante speranze nei paesi colpiti dal virus. Ma gli scienziati restano cauti.
“È comprensibile che i medici che hanno accettato di ricevere il trattamento possano dare un consenso che è senza dubbio abbastanza informato – conclude Sylvain Baize – Invece, mi sembra molto più difficile provare a utilizzare questo trattamento sulle persone colpite, trattandosi di studi che sono in una fase più che preliminare”.