In prima linea da 65 anni, Shimon Peres, è la memoria storica di Israele.
Eterno perdente ma eterno combattente, questo novantenne non ha mai nascosto di stare molto attento alla propria salute. Fisica e mentale.
Due anni fa diceva di mangiare poco e di leggere molto.
Nono presidente dello stato di Israele, eletto nel 2007, ha usato tutti i mezzi della sua funzione, essenzialmente protocollare, per promuovere la pace.
Eppure Shimon peres non è sempre stato un uomo di pace.
Figura storica del partito laburista israeliano, ultimo padre fondatore di Israele ancora in vita, nasce in Polonia nel 1923. Arriva in Palestina a 11 anni.
Folgorante è l’incontro con Ben Gurion, che conosce facendo autostop. È il vecchio leone che lo instrada in politica.
È il 1948, lo stato di Israle viene costituito e Shimon Peres è uno dei fautori di questa nascita.
Entra in politica con la gamba tesa. Siamo negli anni Settanta, Peres è il ministro della Difesa che autorizza la costruzione delle prime colonie in Cisgiordania.
Già vent’anni prima ha lanciato il programma nucleare israeliano, sia militare che civile, con il sostegno della Francia.
La sua personalità politica evolverà nel corso degli anni. Esperienza e tattica gli varranno la reputazione, che ha conservato fino all fine, di colomba. È uno degli architetti degli accordi di Oslo del 1993, conclusi con l’Olp di Arafat. L’allora primo ministro, Yasak Rabin, resta scettico fino alla fine.
Nel 1994, colui che ormai è profeta di un nuovo Medio Oriente di pace, è insignito del premio Nobel della Pace, che condivide con Rabin e Arafat.
Dovrà assistere ancora all’assassinio di Rabin e al bombardamento di Cana, nel 1996.
Peres è primo ministro, il bombardamento in Libano costerà la vita a 106 civili e a Peres la sua traversata del deserto.
Da quando si è convertito alla pace, Shimon Peres è diventato un inguaribile ottimista. Ottimismo che l’ha portato a dire:
“Vedrò la pace nel corso della mia vita, anche se dovessi allungarla di due tre anni”.