Seppellita la vecchia guardia nelle macerie della rivolta di Maidan, l’Ucraina confida ora nelle elezioni presidenziali del 25 maggio per costruire il dopo-Yanukovitch.
Est del paese in subbuglio e crescenti pressioni russe regalano all’appuntamento con le urne una valenza di vera prova del fuoco.
21 candidati in corsa, di cui 14 indipendenti, i numeri della diaspora a cui ha dato luogo l’erosione del consenso per il Partito delle regioni del destituito presidente Yanukovich. Appena tre quelli a cui i sondaggi riconoscono però qualche chance.
A spiccare su tutti è l’uomo d’affari e politico di lungo corso Petro Poroshenko: parlamentare da oltre 15 anni sotto diverse bandiere, che ha poi capitalizzato i galloni ottenuti durante la “Rivoluzione arancione”, strappando la nomina a Ministro degli esteri del governo di Yulia Tymoschenko.
Ad accreditarlo come principale favorito anche l’appoggio del popolarissimo Vitaly Klitschko: leader del partito Udar e icona della rivolta di Maidan, che si è ritirato dalla corsa presidenziale, in cambio del sostegno di Poroshenko nella sua scalata al municipio di Kiev.
Un’investitura di peso, che dovrebbe spalancare le porte al paperone ucraino, già alla guida dell’impero del cioccolato Roshen. Se il secondo turno sembra per lui alla portata, la sfida che si prefigura al primo è soprattutto con la sua guida di un tempo, Yulia Tymoshenko.
Emblema della “Rivoluzione arancione”, che sul finire del 2004 portò il suo mentore Yushenko a spuntarla su Yanukovich nella ripetizione di contestate presidenziali, l’ex primo ministro lega però il suo nome anche a una serie di controversi episodi.
Pagata con anni di carcere l’accusa di aver siglato con Putin un accordo energetico sfavorevole all’Ucraina, Tymoshenko si era già fatta conoscere come “principessa del gas”: soprannome guadagnato in seguito a un miliardario e non sempre limpido business, che agli occhi di molti ancora stona con l’immagine di eroina impegnata.
Ombre che sembrano avere compromesso il suo tentativo di riprendere le redini di un movimento, sempre più disincantato nei suoi confronti.
A sfidarla torna poi Sergei Tihipko. Vecchia conoscenza della Tymoshenko, che l’aveva costretto alla terza piazza in occasione delle presidenziali del 2010, vinte da Yanukovitch. In curriculum esperienze da Ministro degli esteri e presidente della banca nazionale ucraina, Tihipko è stato però di recente espulso dal Partito delle regioni. Il risultato sono una candidatura da battitore libero e sondaggi ad una sola cifra, che lo relegherebbero al massimo, al ruolo di terzo uomo.
Virtuali infine le chances di Mykhailo Dobkin: candidato del Partito delle regioni, noto per posizioni filo-russe e sostegno alla polizia anti-sommossa Berkut, la cui parabola da sindaco di Kharkhiv ad outsider presidenziale rispecchia l’avversione degli elettori per qualsiasi eco che rimandi all’ex presidente Yanukovich.