Pierre Assémat, euronews:
“Il granchio, una delizia nei nostri piatti che poi finisce nella spazzatura. Che fare delle centinaia di migliaia di tonnellate di gusci gettati via dai consumatori europei ogni anno? Come riciclarli in modo efficace?”.
In un laboratorio tedesco, nel cuore della Baviera, gli scienziati con procedimenti chimici tentano di trasformare i gusci dei granchi in biopolimeri ad alta prestazione.
Il primo passo di questo progetto di ricerca europeo è estrarre dai gusci la chitina, che dopo la cellulosa, è il biopolimero più abbondante sulla terra.
Volker Sieber, biochimico all’Istituto Fraunhofer (IGB) e coordinatore del progetto Chibio:
“Granchi, gamberetti, crostacei contengono chitina. Questa è un polisaccaride, un polimero composto da molecole di zucchero. Queste molecole di zucchero possono reagire chimicamente o biotecnologicamente per produrre molecole diverse”.
I gusci dei granchi contengono altre sostanze biologiche non riciclabili. Utilizzate per produrre biogas diventano fonte di energia.
Nel frattempo, i biochimici di Monaco di Baviera hanno sviluppato diversi ceppi di lievito per convertire la chitina in olio grasso attraverso la fermentazione. Un processo che può durare dai 5 ai 7 giorni.
Daniel Garbe, biochimico all’Università di Tecnologia di Monaco di Baviera:
“Una volta scelti i diversi ceppi di lievito attraverso il test di fluorescenza, vengono moltiplicati in un fermentatore per produrre buone quantità di olio che saranno consegnate ai nostri partner industriali per il trattamento. Gli oli ottenuti attraverso questo procedimento assomigliano a quello che potete vedere nel campione”.
Pierre Assémat, euronews:
“Abbiamo visto come recuperare in modo efficace la chitina dei gusci dei granchi. Ma che vantaggi può offrirci questo biopolimero?”
Spostiamoci nel nord della Germania in un’industria partner del progetto.
Matthias Ullrich, chimico alla Evonik:
“In questa apparecchiatura trattiamo l’olio naturale ottenuto dai gusci di granchio, attraverso una reazione sottoposta ad alta pressione, e otteniamo le materie prime per le nostre plastiche”.
L’olio naturale è stato trasformato in prodotto chimico di alta purezza, materia prima per la produzione della plastica. La tappa successiva è la stazione di polimerizzazione. Il biopolimero ad alta prestazione esce da questo reattore a una temperatura compresa tra i 250 e i 300 gradi. Poi viene ridotto in granuli.
Matthias Ullrich:
“Usiamo questo reattore – che possiamo immaginare come una pentola a pressione – e lo riempiamo di materie prime. Alla base c‘è l’olio naturale che abbiamo trasformato in prodotto chimico tramite catalisi. Dopo la reazione otteniamo questa plastica ad alta prestazione che viene immersa in acqua”.
Il biopolimero viene sottoposto a test minuziosi per esaminarne le proprietà.
A partire dai gusci dei granchi e attraverso un processo chimico complesso si ottiene dunque un prodotto ad alta prestazione, una materia prima per il futuro.
Joachim Leluschko, ingegnere alla Evonik:
“La cosa interessante per quanto riguarda i polimeri è che non vengono usate piante che possono servire per l’alimentazione. Abbiamo una serie di progetti nei quali utilizziamo rifiuti biologici. Questi rifiuti, che altrimenti sarebbero stati distrutti, saranno utilizzati come materia prima naturale per fabbricare le plastiche del futuro”.