I ribelli del Sud Sudan hanno massacrato centinaia di civili, in base alla loro appartenenza etnica, nella città petrolifera di Bentiu, conquistata il 15 aprile. Lo denuncia l’ONU che ha diffuso le immagini. “Accuse senza fondamento”, per la ribellione legata all’ex vice-presidente Riek Machar.
Gli investigatori delle Nazioni Unite sostengono che sia stata data la caccia a uomini, donne e bambini rifugiati in un ospedale, in una moschea e in una chiesa.
“La nostra missione condanna fortemente questi assassinii mirati”, afferma il portavoce del segretario generale dell’Onu, Stéphane Dujarric. “Condanna anche l’uso di Radio Bentiu da parte di alcuni individui legati all’opposizione che hanno trasmesso discorsi di odio. Tra il 15 e il 17 aprile, la missione ha trasferito centinaia di civili, che subivano minacce di violenze in diversi luoghi, a Bentiu e a Rubkona dove hanno trovato riparo”.
Il massacro di Bentiu è il più grave da dicembre, quando sono cominciati gli scontri all’interno dell’esercito tra soldati fedeli al presidente Salva Kiir, di etnia Dinka, e quelli legati a Machar, di etnia Nuer. Come conseguenza, in quattro mesi oltre un milione di persone è stato costretto a fuggire, l’Onu ospita 12 mila civili a Bentiu e altri 60 mila nel resto del Paese nato tre anni fa.