La sperimentazione che ha reso possibile il nuovo passo verso l’impianto definitivo di mani bioniche è frutto di un progetto che vede l’Italia in prima linea. Siamo all’ospedale Gemelli di Roma in cui ad un paziente amputato della mano sinistra è stato applicato un arto robotico che gli consente di percepire di nuovo il tatto. Il danese Dennis Aabo Sorensen ha perso la mano 10 anni fa.
Dennis Aabo Sorensen, paziente: “E’ veramente strabiliante sentire di nuovo, dopo 9 anni il tatto perchè adesso la mia mano dialoga nuovamente col cervello anche se la percezione è incredibile”.
I collegamenti tra sistema nervoso e protesi biomeccatronica sono quattro elettrodi intraneurali, poco più grandi di un capello, impiantati nei nervi mediano e ulnare del braccio. Un intervento delicato, eseguito dal neurochirurgo Eduardo Marcos Fernandez. Gli elettrodi sono stati impiantati trasversalmente rispetto ai fascicoli nervosi, per moltiplicare la possibilità di contatto con le fibre dei nervi e la capacità di comunicazione col sistema nervoso centrale.
Silvestro Micera, Professore di Ingegnereia Biomedica alle Università di Pisa e Losanna:
“Gli elettrodi sono molto selettivi nel senso che possono rilevare un contatto molto preciso con i fascicoli nervosi, questo è cruciale per avere una sensazione analoga a quella naturale”.
Questo non è l’unico esperimento in corso di mano artificiale nel mondo. Altri progetti pilota sono stati messi a punto negli Stati Uniti e in Europa. Ma qui qual è il metodo?
Paolo Maria Rossini, Primario all’Ospedale Gemelli di Roma: “ I chirurghi hanno dovuto prima di tutto creare una specifica dimensione chirurgica in cui due nervi dovevano essere messi in evidenza. Poi hanno dovuto aprire il rivestimento che fascia i nervi identificare i diversi fascicoli e cosi’ inserire in modo efficace gli elettrodi, nei fascicoli”.
Questo concetto d’intervento europeo lavora nell’inserzione dei nervi per un migliore controllo ma è invasivo e puo’ danneggiare gli stessi nervi.