Trentacinque anni dopo, gli Stati Uniti restano il nemico storico per una parte degli iraniani. A Teheran è stata anche bruciata una bandiera statunitense di 60 metri. Per le autorità l’evento deve essere festeggiato in pompa magna: a chi vive nei piccoli centri viene offerto viaggio e alloggio nella capitale.
“Sono qui per difendere il mio Paese e dire agli Stati Uniti che non possono fare tutto ciò che vogliono”, dice una studentessa.
E’ dunque il discorso più radicale a emergere tra la folla, che crede nella propria grandezza: “Siamo una nazione forte nei momenti difficili”, afferma un insegnante. “Quante sanzioni ci sono state imposte? E niente ci è capitato. Perché si sono seduti al tavolo dei negoziati? Perché noi abbiamo vinto. Siamo diventati talmente forti che hanno dovuto negoziare con noi. Gli Stati Uniti non si sarebbero mai degnati di parlare con un popolo debole”.
Le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti sono interrotte dal 1980. Di recente l’ayatollah Khamenei li ha accusati di mentire quando assicurano di non volere un cambiamento di regime in Iran.