“Cari amici aiutateci, una donna è appena morta assiderata”. Iniziava così l’appello lanciato da Parigi il 1 febbraio 1954 dall’Abbé Pierre: quattro minuti alla radio con cui il fondatore della Comunità Emmaus toccò il cuore dei francesi e pose la prima pietra del suo instancabile impegno in favore dei senza-tetto.
“Un’insurrezione della bontà”, come lui stesso la chiamava, che insieme all’apertura di una rete di centri d’accoglienza, portò anche la Francia a vietare l’espulsione degli inquilini durante i mesi invernali.
Sessant’anni dopo quella gelida notte, la Fondazione Abbé Pierre a cui ha dato il nome mette però in guardia da un cammino ancora lungo e in salita.
Il suo 19esimo rapporto annuale è senza appello: la crescente precarietà del mercato del lavoro porta con sé in Francia una vera emergenza abitativa.
In due anni appena si sarebbe registrato un incremento del 50% delle situazioni al di sotto della normalità. Quasi tre milioni le abitazioni insalubri o sovraffollate. Più di tre milioni e mezzo i francesi coinvolti. 141.000 quelli che vivono per strada.
L’onda lunga della crisi economica travalica però i confini francesi. Con la Caritas che in Italia segnala un boom dei transiti nei suoi centri d’accoglienza, fra i paesi che più soffrono, c‘è a sorpresa anche il Regno Unito.
Quasi un quarto, nell’Unione Europea, i cittadini a rischio povertà ed esclusione sociale, Fra i più colpiti soprattutto i bambini e gli over 65.
Il 9% dei cittadini dell’Unione soffre inoltre di “gravi privazioni materiali” e anche qui, tra le fasce più esposte, insieme alle donne, figurano i bambini e i giovani fino a 25 anni. Una situazione che si fa particolarmente drammatica in seno alle comunità Rom.
E’ però soprattutto nella Grecia piegata dalla crisi economica che lo stretto rapporto fra perdita di occupazione e alloggio appare in tutta la sua evidenza con il numero dei senzatetto, praticamente triplicato dal 2009 a oggi.
La Francia dell’Abbé Pierre prova intanto a correre ai ripari, requisendo gli immobili disabitati da oltre due anni.
Malgrado le promesse del presidente Hollande, una misura però al momento ancora poco applicata e lontana dallo scrivere la parola fine, alla lunga battaglia del fondatore di Emmaus.