Tony Blair: Il conflitto in Siria potrà avere ripercussioni in Occidente

2014-01-23 11

A Davos in Svizzera, al Foro Economico Mondiale, euronews ha incontrato Tony Blair, ex Primo Ministro britannico e oggi Inviato per la Pace nel Medio Oriente su mandato di ONU, Unione europea, Stati Uniti e Russia.

Con lui facciamo il punto sul conflitto in Siria e sulle negoziazioni in corso a Ginevra.

euronews: “Le speranze alle Conferenza di Ginevra II sono poche. Si aspetta alcun risultato alla fine della settimana?”

Tony Blair: “Ovviamente la situazione sul tavolo è incredibilmente difficile. A meno che il Presidente Assad senta davvero la pressione di arrivare ad un accordo sul posto, la prospettiva di arrivare ad una soluzione diciamo che è piutosto improbabile”.

euronews: “Cosa pensa che possa fare la comunità internazionale per avvicinare due parti che sono così fortemente contrapposte?”

Tony Blair: “Penso che negli ultimi sei – nove mesi la situazione si sia spostata di nuovo a vantaggio del regime. Sta ricevendo un enorme supporto dall’ Iran e dagli Hezbollah, che stanno combattendo sul campo fornendo al regime le forze che due anni fa gli mancavano.
Dunque penso che quello che dobbiamo chiederci noi in Occidente è come possiamo mettere l’opposizione nella condizione di negoziare su base paritaria. Il fattore che complica le cose ovviamente è che anche i ribelli al loro interno hanno elementi che noi non approviamo, come il legame con i gruppi di Al-Qaeda, i combattenti della Jihad e così via. Questo è il motivo per cui la situazione è diventata estremamente complessa. Ma non dovremmo mai dimenticarci che in Siria c‘è probabilmente una maggioranza di persone che vogliono una soluzione ragionevole e che capiscono che i diversi gruppi religiosi devono coesistere in pace. Al momento però queste non hanno le forze per far sentire la propria voce.”

euronews: “Pensa che il Regno Unito e le altre potenze occidentali debbano armare i ribelli? e sarebbe di fatto possibile considerato che i gruppi sono così disparati?”

Tony Blair: “Penso che la prima domanda che dobbiamo chiederci è se siamo pronti ad intervenire in qualche modo per cambiare l’equilibrio di poteri in campo. Io penso che dovremmo essere pronti. Ho sostenuto per due anni che dovevamo almeno provare a creare una zona no-fly, non solo per dare una tregua alla popolazione civile, ma per mandare il segnale al regime che le forze militari non possono tenere il paese sotto controllo bombardando i civili.”

euronews: Si parla di oltre 100 mila morti e di una grossa crisi umanitaria per i rifugiati.Pensa che la comunità internazionale abbia delle responsabilità per non essere intervenuta finora?”

Tony Blair: “Da ex Primo Ministro so bene quanto siano difficili queste decisioni. Intervenire comporta certi problemi, come abbiamo visto in Afghanistan ed in Iraq.
D’altra parte se non si interviene la situazione non si risolve da sola. La difficoltà è trovarsi di fronte a questa combinazione dove, da una parte c‘è una dittatura pronta a fare un uso orribile e pesante della forza contro la popolazione civile, e dall’altra abbiamo un gruppo estremista sostenuto o dagli shiiti in Iran o dai sunniti di Al-Quaeda. Quando ci si trova in una situazione del genere è davvero incredibilmennte dura prendere le decisioni necessarie a ridisegnare gli assetti. In Occidente c‘è una certa riluttanza ad intervenire – e ne capisco le ragioni – ma come possiamo vedere oggi, anche le conseguenze del non intervento sono estremamente serie.

euronews: “Perché pensa che in Occidente ci sia stata questa reticenza?”

Tony Blair: “E’ semplice: perché la situazione è difficile. Ci sono gruppi come gli Hezbollah che sono preparati a perdere dozzine di uomini al giorno e a ritornare subito in campo a combattere.
Allo stesso modo la ragione per cui gli elementi jihadisti dell’opposizione in Siria hanno cominciato a conquistarsi posizioni, è che sono pronti ad andare, uccidere e morire. Questo li rende un nemico duro da sconfiggere.
Se guardiamo a ciò che sta accadendo nella regione, penso che in pratica ci sia una battaglia in corso: quella tra chi crede nel futuro del paese – quelli che sono aperti e tolleranti con economie e società moderne – e chi sostiene varie forme di estremismi, fondati francamente su una visione distorta della religione.
Questa è la battaglia e credo che per noi in Occidente la cosa importante sia stare dalla parte delle persone ragionevoli – che probabilmente sono la maggioranza, anche se non sono organizzate – e queste non sono quelle pronte ad uccidere.”

euronews: “Quale pensa che sarà la ricaduta sull’intera regione se la Siria continuerà a disgregarsi?”

Tony Blair: “Sarà un disastro, che non si limiterà solo alla Siria, per questo penso che sia una situazione molto seria. Fuori dalla regione possiamo vedere cosa sta succedendo di nuovo in Iraq..in Libano… paesi come la Giordania che stanno resistendo molto bene anche se sono sotto un’enorme pressione. Ci sono centinaia di cittadini britannici che sono andati in Siria per lottare. Sono