Una marcia per le strade di Istanbul ha ricordato Hrant Dink, il giornalista turco di origine armena ucciso a 52 anni con due proiettili alla testa in pieno giorno il 19 gennaio del 2007. Fu un 17enne ultra-nazionalista a sparare, ma dietro alla mano dell’omicida in molti accusano lo Stato e i servizi segreti. Un manifestante:
“Sono tutti coinvolti nell’assassinio di Harant Dink. Gli elementi più strutturali e profondi dello stato e quelli più in vista. Stanno tutti lottando per il potere. Ma sul caso Dink non si muovono. Stanno cercando di coprirsi a vicenda. Per questo motivo sono tutti colpevoli. Lo hanno colpito assieme, lo hanno ucciso assieme. Si proteggono e ora vogliono coprire quanto accaduto. Sono tutti colpevoli”.
A settembre è ripreso in appello il processo contro 18 sospetti dell’omicidio, mentre l’esecutore minorenne è stato condannato a 23 anni nel 2011. Dink, caporedattore del giornale Agos, aveva definito “genocidio” i massacri subiti dagli armeni durante la prima guerra mondiale.
Il nostro corrispondente da Istanbul, Bora Bayraktar:
“Questo settimo anniversario della morte di Hrant Dink non è stato solo un’occasione per ricordare il giornalista, ma anche per chiedere giustizia. I suoi amici e colleghi chiedono il processo non solo di chi ha premuto il grilletto, ma anche di chi ha commissionato l’omicidio”.