A Juba, in Sud Sudan, regna una calma apparente. Nella capitale dello Stato più giovane del mondo gli scontri sono stati fermati dalla mediazione internazionale.
Ma il conflitto tra l’esercito regolare del presidente Salva Kiir e le truppe fedeli al suo ex numero due Riek Machar (estromesso a luglio) si allarga a macchia d’olio.
Il pericolo, per gli osservatori, è che la situazione degeneri in scontro tra le etnie dei due leader (Dinka e Nuer).
“Riek Machar è riuscito a scappare, ha utilizzato la sua barca lungo il Nilo ed è finito nel suo villaggio di Adok”, ha spiegato il ministro degli Esteri Barnaba Marial. “Da lì è andato a Bentiu dove, la notte prima, ha attaccato le rappresentanze del governo”.
Mentre l’esercito governativo cercava di riconquistare la città di Bor (teatro di esecuzioni sommarie, stando ai racconti dei superstiti) è arrivata la notizia che Bentiu, capitale dello stato dello Unity, è caduta nelle mani dei ribelli.
Intanto peggiora l’emergenza profughi: gli sfollati, stando alla missione ONU in Sud Sudan, sarebbero 60mila da quando gli scontri sono cominciati una settimana fa.
In 20mila si sono già rifugiati nella capitale Juba, mentre a Bentiu le strutture continuano a ricevere persone e tutto il personale non essenziale è in corso di evacuazione.