Dalla fine dell’apartheid quasi vent’anni fa, sempre più bianchi in Sudafrica si trovano a vivere in condizioni di povertà. Molti di loro vivono in township, alla periferia delle grandi città.
Una di queste si trova vicino a Johannesburg. Si chiama Coronation Park e ospita circa trecento persone, tra cui una settantina di bambini.
Anne Leroux è una pensionata che esprime malcontento per le politiche del governo guidato dall’African National Congress: “Mi dispiace che possa sembrare razzista – dice -, ma non lo sono, però i neri vengono prima, poi ci sono i bianchi. Anche bianchi altamente qualificati non ottengono una posizione in Sudafrica”.
Sono molti i bianchi a puntare il dito contro l’African National Congress che, nel tentativo di riequilibrare decenni di discriminazioni razziali, ha introdotto una serie di leggi controverse: “L’apartheid era un problema – dice un uomo -. Ma questo è l’unico Paese al mondo dove la maggioranza beneficia di una discriminazione ppositiva. In America vi è discriminazione costruttiva, ognuno gode di discriminazione positiva, ma questo è l’unico Paese al mondo dove la maggioranza beneficia di una discriminazione positiva”.
Discriminazione positiva. Un termine che per molti bianchi che vivono in povertà diventa sinonimo di un’apartheid al contrario. Secondo alcune stime, il dieci percento della popolazione bianca vive sotto la soglia di povertà. Ma le cifre sono controverse.